giovedì 11 gennaio 2024

PAOLO FERRERO: GAZA, SMETTIAMOLA DI FARE ‘LA SCORTA’ AL GENOCIDIO DEI PALESTINESI

 Quello che sta succedendo a Gaza in questi ultimi tre mesi è indicibile. Sotto gli occhi di tutti e tutte sono state assassinate oltre 20.000 persone di cui oltre 10.000 bambini. Gli ospedali non funzionano più ed ogni giorno tra i bambini sopravvissuti ve ne sono dieci che subiscono un’amputazione. Le scene di violenze gratuite dell’esercito israeliano sulla popolazione civile palestinese non si contano più. Ministri israeliani hanno parlato esplicitamente dei palestinesi come di bestie e le strategie militari poste in essere sono fondate sulla violenza da infliggere alla popolazione civile. Parte integrante di questa strategia militare è basata sulla distruzione delle case di abitazione e delle infrastrutture civili in modo da rendere impossibile la vita agli abitanti di Gaza e di porre le condizioni per una deportazione di massa della popolazione palestinese. Siamo, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, al genocidio deliberato e pianificato finalizzato alla pulizia etnica e alla deportazione della popolazione palestinese.

Mentre scrivo inorridisco, perché i crimini posti in essere con tragica e regolare pianificazione, sono puro orrore che accade alla luce del sole. Inorridisco e penso che molti di voi lettori smetteranno di leggere oppure non avranno nemmeno cominciato l’articolo perché infastiditi da questo orrore: quante persone non riescono più a reggere il livello di violenza che quotidianamente entra nelle nostre case attraverso gli schermi televisivi… Perché quanto sta accadendo a Gaza accade sotto i nostri occhi, accade in diretta, tra una pubblicità e l’altra. La banalità del male dei campi di concentramento nazisti è venuta alla luce pienamente dopo la guerra: si è saputo dopo, quando non erano più. A Gaza la banalità del male va in onda in contemporanea e mentre guardiamo il telegiornale delle 19 sappiamo che il domani sarà uguale, carico di orrore disumano come ieri. Tutto ciò è inaccettabile.

Qualche giorno fa, il giornalista Raffaele Oriani, che si è congedato da Repubblica, per protesta contro la linea editoriale del giornale, ha scritto: “Questo massacro ha una scorta mediatica che lo rende possibile. Questa scorta siamo noi.” Io penso che queste parole, che ringrazio Oriani di aver scritto, non valgano solo per i giornalisti. Valgono per tutte e tutti noi occidentali: perché questo orribile massacro, che accade sotto gli occhi di tutti, non determina in Italia, un vero scandalo, una vera indignazione? Questa passività di fronte al fatto che nostri simili vengano massacrati segnala un problema su cui dobbiamo riflettere e operare. Tanto più perché senza la piena e totale complicità occidentale, dagli Usa all’Unione Europea, Israele non potrebbe compiere il genocidio che sta facendo. Così come senza la passiva accondiscendenza delle opinioni pubbliche occidentali i nostri governi non potrebbero continuare ad appoggiare Israele nella sua barbara azione di massacro.

La nostra condanna dell’antisemitismo è totale, così come nessuno mette in discussione l’esistenza dello stato di Israele. A partire da questi punti fermi occorre condannare e agire per fermare le pratiche terroristiche e naziste poste in essere dal governo israeliano. La sacrosanta denuncia del governo sudafricano alla corte dell’Aia del governo israeliano per genocidio, non può rimanere isolata, deve diventare una campagna di massa affinché anche l’Italia si unisca a questa denuncia. La campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni, mirate nei confronti di imprese, istituzioni israeliane e internazionali coinvolte nelle violazioni dei diritti del popolo palestinese deve diventare un modo concreto di azione quotidiana.

Potrei proseguire nell’elenco ma il punto fondamentale è inserire queste azioni all’interno di un discorso che sveli e smonti i luoghi comuni su cui si fonda una certa tolleranza verso gli indicibili orrori che l’esercito israeliano infligge alla popolazione palestinese.

Il fascismo israeliano, che ha continuato a rafforzarsi in quella società, non è un incidente di percorso ma il frutto degenere di una ideologia che si fonda sul proprio diritto ad occupare la terra degli altri “perché gli altri non ci sono”. Gli altri vengono negati, cancellati, disumanizzati. Del resto, questo problema è stato sottolineato già nel 1948 da Einstein, Hanna Arendt ed altri intellettuali ebrei statunitensi quando denunciavano che “fra i fenomeni più preoccupanti dei nostri tempi emerge quello relativo alla fondazione, nel nuovo stato di Israele, del Partito della Libertà (da cui è nato il Likud di Netanyahu), un partito politico che nell’organizzazione, nei metodi, nella filosofia politica e nell’azione sociale appare strettamente affine ai partiti nazista e fascista.”

Il punto è che nel corso degli anni quello che nel 1948 era un pericolo, è diventata una realtà: gli esiti concreti sono le pratiche naziste dell’esercito sionista e solo la loro radicale condanna e sconfitta può aprire la strada alla pace tra eguali. “Il frutto della giustizia sarà la pace” recita il profeta Isaia: mai frase fu più corretta.

La legittimità dello Stato israeliano non può quindi essere fondata – in primo luogo nelle nostre teste – in un qualche diritto divino o sull’ideologia sionista o in una presunta superiorità morale degli israeliani, ma nella pura e semplice realtà dei fatti determinatasi – con gravissimi errori e responsabilità delle potenze occidentali – dopo la Seconda guerra mondiale. Così com’è evidente che il diritto al ritorno riguarda in primo luogo le popolazioni palestinesi sparse in tutti i continenti in questi decenni di repressione.

domenica 7 maggio 2023

Lettera aperta al Sindaco del Comitato Il Saronnese per l’ospedale e la sanità pubblica

Abbiamo appreso della convocazione della riunione dei capigruppo consiliari che stabilirà data e modalità di svolgimento del consiglio comunale aperto avente a tema la situazione di emergenza dell’ospedale di Saronno e della sanità pubblica del Saronnese, dove chiediamo di votare nella stessa serata la mozione presentata da alcuni consiglieri e consigliere comunali su questo tema. 

La riunione si terrà lunedì 8 maggio e quindi il consiglio comunale si terrà dopo quel 9 maggio in cui l’assessore regionale Guido Bertolaso ha promesso di presentare il suo piano di rilancio dell’ospedale di Saronno ai sindaci del comprensorio saronnese.

Il consiglio comunale aperto diventa perciò l’occasione per fare conoscere le osservazioni dei cittadini sia al “piano Bertolaso” sia sui temi come la Casa di comunità e i medici di medicina generale che devono far parte del rilancio della sanità pubblica sul nostro territorio.

Per questo motivo:

– le chiediamo di rendere immediatamente pubblico, non appena ricevuto dall’assessore Bertolaso, il Piano di rilancio per l’ospedale di Saronno, utilizzando tutti gli strumenti di comunicazione pubblica idonei; la invitiamo inoltre a chiedere ai sindaci del comprensorio di fare la stessa cosa;

– la invitiamo inoltre a partecipare, insieme alle cittadine e ai cittadini del Saronnese, che stiamo invitando a mezzo comunicato stampa, all’assemblea pubblica che si terrà in piazza Libertà dalle  10 di sabato 13 maggio per costruire in modo partecipato il contenuto del piano di rilancio dell’ospedale e, più in generale, i punti da portare all’attenzione dei rappresentanti cittadini in occasione del consiglio comunale aperto.

Siamo consapevoli che il contributo dei cittadini sarà fondamentale, oltre alla numerosa protesta del 15 aprile, anche nella fase di proposta e confronto con la Regione Lombardia per risolvere l’emergenza della sanità pubblica territoriale.

Auspicando che Lei accolga favorevolmente le nostre proposte, porgiamo cordiali saluti. 

Il Saronnese per l’ospedale e la sanità pubblica

giovedì 23 febbraio 2023

CONVOCAZIONE CPF Lunedì 6 marzo ore 20.30 c/o Cuac via Torino, 64 Gallarate

 Ordine del giorno del Comitato Politico Federale:

▪︎riflessione politica sui risultati elettorali

▪︎continua la costruzione di Unione Popolare.

    -Come? 

    -Quale ruolo deve avere Rifondazione Comunista?

▪︎Valutazione del processo di aggregazione di simpatizzanti di UP e  associazioni del nostro territorio per la costruzione e l'ampliamento di un Coordinamento Provinciale di UP

▪︎Proposte per la nomina del/la segretario/a della Fed.di Varese.

▪︎varie ed eventuali


Invitiamoci, reciprocamente, alla  partecipazione !

Ucraina, il conflitto è a un bivio: o la trattativa o la terza guerra mondiale

di Paolo Ferrero 

Ad un anno dal suo inizio, la guerra in Ucraina è arrivata ad un punto di svolta. La guerra in corso, in cui le superpotenze si fronteggiano, ha mantenuto sin qui le caratteristiche militari di una guerra regionale, che si combatte lungo una sola linea del fronte, in Ucraina. Nonostante le evidentissime implicazioni internazionali e il fatto che le origini della guerra siano completamente determinate dallo scontro tra le superpotenze, fino ad oggi, questo conflitto è rimasto un conflitto militarmente delimitato: un assurdo massacro che avviene su una specie di palcoscenico e di cui – quotidianamente – siamo informati e disinformati con la circolazione di foto, cartine, video e così via. Una specie di sanguinosissimo braccio di ferro che ha assunto le caratteristiche della guerra di posizione.

Dalla parte occidentale, fino ad ora, il governo ucraino fornisce le truppe e la Nato, a partire dagli Usa, le armi. Il personale per governare i sistemi d’arma sofisticati e i dirigenti dell’esercito ucraino. Si tratta quindi a tutti gli effetti di un conflitto per procura in cui però, fino ad ora, la Nato nel fornire le armi ha fatto attenzione a evitare che l’Ucraina potesse attaccare direttamente il suolo russo storicamente definito.

Questo conflitto, delimitato sul piano militare, che non dà luogo ad altre linee di fronte era esattamente nei desiderata della dirigenza degli Usa quando la guerra è cominciata: come affermato da Hillary Clinton, si trattava di incastrare la Russia in un “Afghanistan europeo” al fine di dissanguarla economicamente e di far precipitare il consenso di Putin in patria arrivando ad un cambio di regime in Russia e – nelle posizioni più esplicite – alla sua dissoluzione.

A distanza di un anno non solo gli obiettivi politici dell’Occidente sono falliti, visto che l’economia Russa non è collassata e il consenso di Putin non è crollato, ma sono falliti gli obiettivi militari: la guerra di posizione, regionale, sul terreno, la stanno vincendo i russi. Questa guerra, fondata in particolare sull’uso dell’artiglieria, vede una superiorità dell’esercito russo che – dopo un anno – si traduce in una drammatica carneficina che subisce l’esercito ucraino e anche in una maggiore difficoltà occidentale a garantire l’approvvigionamento di munizioni e sistemi d’arma. Una cifra sola per dare conto di quanto sta succedendo: l’esercito Ucraino spara ogni giorno una media di 6000 proiettili di cannone e pare difficile che nei prossimi mesi la Nato sia in grado di fornirgli una quantità maggiore di proiettili giornalieri. L’esercito russo spara ogni giorno più di 20.000 proiettili di artiglieria. E’ arrivato a punte di 60.000 proiettili al giorno e ha alle spalle un appartato industriale in grado di garantire la media.

Andando avanti così è del tutto evidente chi è nelle condizioni di vincere questa guerra “regionale”. I governanti occidentali, al di là della propaganda, hanno ben chiaro questa situazione e sono posti oggettivamente dinnanzi a un bivio: o aprire una fase di trattativa per risolvere diplomaticamente il conflitto in tempi rapidi o attuare una escalation militare che coinvolga direttamente le truppe di alcuni paesi Nato, che scelga di impegnare sistemi d’arma in grado di aggredire sistematicamente il suolo russo, che dia vita ad altri fronti (ad esempio trasformando anche la Moldavia in un nuovo campo di battaglia).

O la trattativa o la terza guerra mondiale, questo è il bivio! Com’è del tutto evidente il gruppo dirigente della Nato, con i suoi proclami altisonanti, ha scelto la strada dell’escalation del conflitto. Ha inoltre trovato nei governi polacchi e rumeni la disponibilità a unirsi a Zelensky nel fornire carne da cannone per proseguire il massacro.

Qui entriamo in gioco noi: la maggioranza dei popoli occidentali – a partire da quello italiano – non è disponibile a entrare in guerra e ritiene necessario aprire la trattativa. I governanti europei lo sanno e mentono spudoratamente sull’andamento della guerra e sui rischi che ci troviamo dinnanzi. E’ il momento che questa maggioranza delle popolazioni si faccia sentire per imporre la cessazione delle forniture militari e proporre il cessate il fuoco. Non esiste altre strada per evitare la catastrofe!

I governanti sanno che non possono andare in guerra contro la volontà popolare, per questo mentono e nascondono. Per questo le manifestazioni per la pace sono decisive per porre fine al conflitto. Facciamo sentire la nostra voce e incontriamoci sabato 25 marzo a Genova rispondendo all’appello dei lavoratori portuali per una grande manifestazione pacifista che fermi la follia dell’escalation, faccia tacere le armi e imponga la trattativa. Sabato a Genova e Berlino manifesteremo per la pace: costruiamo in ogni città una mobilitazione per impedire l’escalation militare!