martedì 7 ottobre 2014

“Attualità del Comunismo : le ragioni di BERLINGUER”



Relatore : Vittorio Gioiello
Direttore scientifico del CESPI

Sabato 18 ottobre alle h. 17.00
presso la sala Spinelli
via Garibaldi,50 – Saronno

mercoledì 30 luglio 2014

giovedì 12 giugno 2014

ENRICO BERLINGUER


Trent’anni fa: Berlinguer
Paolo Ferrero
Trent’anni fa moriva Enrico Berlinguer. Berlinguer è stato tra coloro che  hanno saputo meglio incarnare, nel corso della propria esistenza e della militanza, l’idea della diversità dei comunisti. Egli pose per primo, nel nostro Paese, il tema della “questione morale”. Lo pose con un’accezione diversa da quella poi diventata popolare in questi anni, secondo cui il problema sarebbe rappresentato unicamente dai tanti politici che rubano. Berlinguer leggeva la corruzione della cosa pubblica, allora come oggi radicata e strutturata, come il sintomo e il tassello di un modello di crescita e di sviluppo distorto, di un capitalismo malato che – per potersi alimentare e riprodurre – doveva necessariamente incubare un’economia illegale e criminale crescente, distruggere l’ambiente e i diritti conquistati dal movimento operaio. Una corruzione che riguardava l’intera classe dirigente del nostro Paese: gli esponenti dei partiti di governo, ma anche gli imprenditori e i grandi manager. Una corruzione che poteva e può essere sconfitta non solo con l’onestà e con la trasparenza, ma mettendo in discussione quelle politiche che oggi chiamiamo neo-liberiste. Berlinguer, dopo la stagione del compromesso storico e dell’unità nazionale, a partire dalla fine degli anni Settanta, si convinse giustamente che l’unica strada da percorrere era la costruzione di un’alternativa di sinistra: Cominciò così una politica di opposizione alle politiche di ristrutturazione capitalistica e al tentativo di cancellare le grandi conquiste maturale dal movimento operaio. Quel Berlinguer era spesso isolato all’interno dello stesso Pci: quando, ad esempio, andò davanti ai cancelli della Fiat nel 1980 e disse che i comunisti dovevano stare dalla parte degli operai nei momenti migliori ma anche e soprattutto nelle fasi peggiori; quando – nel 1984-85 – scelse la strada dell’opposizione al decreto di San Valentino emanato dal governo Craxi per tagliare la scala mobile, fino ad arrivare al referendum contro quel provvedimento. In fondo Berlinguer, negli ultimi anni della sua vita, ci diceva che era meglio una sconfitta stando dalla parte giusta che una vittoria basata sul tradimento dei propri ideali e della propria storia. Anche perché le sconfitte di oggi possono essere i semi che rendono possibile la vittoria domani. Una lezione che la maggioranza del Pci – solo pochi anni dopo la sua morte – ha totalmente capovolto. Berlinguer, anche quando ha commesso errori politici, come nel caso del compromesso storico, non ha perso in alcun modo quella levatura politica e morale che i Renzi e i Grillo, che hanno provato a strumentalizzarlo durante la campagna elettorale, non si sognano neanche da lontano. L’impegno politico di Berlinguer – dalle scelte giuste ai suoi errori –  si colloca nella storia centenaria della lotta delle classi subalterne per ottenere il riscatto sociale, la libertà e la giustizia. Si colloca nella storia del paese, non nell’attimo effimero di un successo ottenuto attraverso una performance teatrale. In questo la distanza con i Renzi e i Grillo non è solo politica: è culturale e morale. Berlinguer era un compagno non un imbonitore.
Nella rivalutazione che la figura di Berlinguer sta avendo in occasione del trentennale della sua morte assistiamo ad una operazione politica e culturale sottile quanto disgustosa. Ci viene suggerito che prima di Berlinguer il comunismo era solo stalinismo e che con Berlinguer il comunismo finisce. La vita di Berlinguer diventa così una parentesi storica in cui ingabbiare il comunismo, un comodo modo per spiegare, da parte dei voltagabbana di oggi, che era giusto essere comunisti da giovani, con Berlinguer, ed è giusto essere liberali oggi. Berlinguer viene quindi usato in funzione anticomunista, mitizzandone la figura al fine di svuotarne il senso profondo della militanza. Contro questo ennesimo attacco a Berlinguer da parte di chi ha militato nel suo partito, rispondiamo con le parole di Berlinguer stesso, che nel corso di una bellissima tribuna elettorale del 7 luglio 1982, rispondendo alla domanda di un giornalista, affermava:
Affascinante no. Non ha mai pensato di esserlo e mi guardo bene dal pensarlo. Forse l’hanno detto gli altri, ma qui ci sono delle mode per cui quando un partito ha dei risultati brillanti, allora i suoi leader vengono definiti carismatici, affascinanti, belli e così via dicendo. E poi naturalmente invece quando – come accade nella vita dei partiti – ci sono dei periodi di stasi o di difficoltà, allora naturalmente poi diventano vecchi, superati, stanchi.
Io non mi sento stanco, sento in me, se vuole – non credo di fare della retorica – la stessa passione che ho avuto quando ho cominciato la mia milizia comunista nel 1943. Da questo punto di vista non mi è accaduto – e questa la considero la più grande fortuna della mia vita – di seguire quella famosa legge per cui si è rivoluzionari a 18 anni, a vent’anni, poi si diventa via via liberali, conservatori, reazionari. Io conservo i miei ideali di allora”. 

giovedì 17 aprile 2014

RIFONDAZIONE COMUNISTA VOTA LA LISTA TSIPRAS


Le elezioni europee sembrano una cosa distante, ma in Europa si decidono il 90% delle schifezze che ci cadono sulla testa. Le politiche di austerità sono state decise in Europa, sotto dettatura della Merkel e con il consenso dei nostri governanti. Renzi e Berlusconi, che in Italia fanno finta di litigare, in Europa governano insieme e hanno votato il Fiscal Compact e i folli trattati che fanno sì che la Banca Centrale Europea presti a gratis i soldi alle banche che poi li usano per strozzinare gli stati con interessi da usurai.
Il frutto di queste politiche di austerità lo abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni: disoccupazione crescente, stipendi da fame, taglio del welfare e della democrazia. Il concreto funzionamento dell'Unione Europea è diventato un incubo per i popoli e il paradiso delle multinazionali, dei banchieri e degli speculatori.
Le elezioni europee sono l'occasione per cambiare, per rovesciare il funzionamento dell'Unione Europea.
Al posto dell'austerità serve un New Deal Europeo, come fecero gli Stati Uniti dopo la crisi del '29: un piano per la piena occupazione, l'allargamento del welfare, la riconversione ambientale dell'economia.
Per uscire dalle politiche di austerità non serve a nulla "battere i pugni sul tavolo a Bruxelles" per poi
inchinarsi alla Merkel, come fa Renzi. Non serve nemmeno appellarsi al nazionalismo, all'autarchia o
all'uscita dall'euro. Per farla finita con le politiche antipopolari occorre usare fino in fondo i poteri dello stato italiano dentro un movimento europeo finalizzato al rovesciamento delle politiche economiche: il governo italiano deve disdire unilateralmente i trattati capestro come il Fiscal Compact, non applicare i tagli di bilancio, farsi promotore di una conferenza per dimezzare il debito pubblico europeo e modificare il ruolo della BCE. Contro un capitalismo globalizzato che scatena la guerra tra i poveri mettendoci gli uni contro gli altri, non se ne esce dicendo signor sì ma nemmeno rintanandosi a casa propria.
Per questo abbiamo costruito il Partito della Sinistra Europea, di cui fanno parte oltre a Rifondazione
Comunista, Syriza in Grecia, il Front de Gauche in Francia, lzquierda Unida in Spagna, la Linke in
Germania e che è presente in tutti i paesi europei. Una alleanza tra tutte le forze di sinistra che in Europa si battono contro le politiche di austerità decise da socialisti, popolari e liberali. Il partito della Sinistra Europea ha candidato a Presidente dell'Unione Europea Alexis Tsipras, il leader di Syriza, la forza che in Grecia si è battuta fino in fondo contro il massacro sociale prodotto dall'Unione Europea e che ha oltre il 25% dei voti.
In Italia attorno a questa candidatura è nata la lista "L'altra Europa per Tsipras" che unisce Rifondazione Comunista, SEL, associazioni, movimenti e intellettuali che in questi anni si sono battuti contro le politiche di austerità.
Bisogna rafforzare questa sinistra europea per battere banchieri e speculatori!


www.rifondazione.it - www.listatsipras.eu

venerdì 28 febbraio 2014

RIFONDAZIONE COMUNISTA PER L'ALTRA EUROPA CON TSIPRAS


DICHIARAZIONE PROGRAMMATICA DI ALEXIS TSIPRAS

Il partito della Sinistra Europea mi ha eletto come candidato per la presidenza della Commissione dell’Unione Europea nel quarto congresso il 13-15 Dicembre a Madrid.

È un onore e un onere. L’onore non è solo personale. La candidatura del leader del partito di opposizione in Grecia simboleggia il riconoscimento dei sacrifici del popolo greco. Simboleggia anche la solidarietà per tutti i popoli del Sud dell’Europa che hanno subito le catastrofiche conseguenze sociali dei Memoranda di austerità e recessione.

Ma, più che una candidatura, è un mandato di speranza e cambiamento in Europa. È un appello per la Democrazia a cui ogni generazione merita di partecipare, e in cui ogni generazione ha il diritto di vivere. È una lotta per il potere di cambiare la vita quotidiana della gente ordinaria. Per citare Aneurin Bevan, un vero social-democratico e il padre del Servizio Sanitario Nazionale Britannico, il potere per noi significa “l’uso di un’azione collettiva con lo scopo di trasformare la società e innalzare tutti noi, insieme”.

Io non sono un candidato del Sud dell’Europa. Sono un candidato di tutti cittadini, indipendentemente dal loro indirizzo, sia del Nord sia del Sud, che vogliono un’Europa senza austerità, recessione eRaccomandazioni. La mia candidatura aspira a raggiungere tutti voi, senza distinzioni di ideologie politiche e di voti nelle elezioni nazionali. Unisce gli stessi popoli che sono divisi dalla gestione neolìberista della crisi economica. Integra l’indispensabile allenza anti- Memoranda del Sud in un ampio movimento Europeo contro l’austerità – un movimento per la ricostruzione democratica dell’unione monetaria.

La mia candidatura si rivolge soprattutto ai giovani. Per la prima volta nell’Europa del dopoguerra una giovane generazione ha aspettative peggiori rispetto a propri genitori. I giovano vedono le proprie aspirazioni bloccate dall’elevata disoccupazione e la prospettiva di crescere senza lavoro o sottopagati. Dobbiamo agire - non per loro ma con loro – e dobbiamo agire ora!

Dobbiamo urgentemente superare la divisione tra Nord e Sud dell’Europa e demolire il “muro monetario” che separa gli standard e le possibilità di vita nel continente.

L’Eurozona è sull’orlo di un collasso. Questo non è dovuto all’Euro in se, ma al neoliberismo – alle politiche di austerità che, anziché supportare la moneta unica, l’hanno indebolita. Ma, insieme alla moneta unica, hanno indebolito anche la fiducia dei cittadini nell’Unione Europea e il supporto per avanzare e approfondire l’integrazione in Europa. È per questa ragione che crediamo che il neo-liberismo non fa altro che stimolare l’euro-scetticismo. E che dovremmo abbandonare l’austerità e recuperare la Democrazia.

Quello che è successo negli anni della crisi è che l’estabishment politico ha colto l’opportunità di riscrivere la politica economica del dopoguerra. La gestione politica della crisi del debito dell’Eurozona è inserito nel processo di trasformazione istituzionale dell’Eurozona Sud sul modello del Capitalismo neo-liberista Anglo-Sassone. La diversità nelle istituzioni nazionali non è tollerata. L’imposizione delle regole è la pietra fondante delle leggi recentemente approvate dalla Commissione Europea per incrementare il controllo economico sull’Eurozona. La Cancelliera Merkel in Germania, insieme all’élite burocratica neo-liberista in Bruxelles, tratta la solidarietà sociale e la dignità umana come ostacoli economici e la sovranità nazionale come un fastidio.

L’Europa è costretta a indossare la camicia di forza dell’austerità, delle disciplina e della deregolamentazione . Peggio ancora, l’Europa rischia una “generazione perduta” della sua popolazione più giovane e talentuosa.
Questa non è la nostra Europa. È solo l’Europa che vogliamo cambiare. Al posto di un’Europa piena di paura della disoccupazione, della disabilità, della vecchiaia e della povertà; al posto di un’Europa che ridistribuisce i guadagni ai ricchi e la paura ai poveri; al posto di un’Europa che serve le necessità dei banchieri, vogliamo un’Europa al servizio dei bisogni umani.

Il cambiamento è possibile e avverrà! Coloro che dicono che l’Europa in cui viviamo non può cambiare, lo dicono perché non vogliono che l’Europa cambi. Perché hanno interessi a non voler cambiare l’Europa. Dobbiamo riunire l’Europa e ricostruirla su basi democratiche e progressive. Dobbiamo riconnettere l’Europa con le sue origini Illuministiche e dare priorità alla Democrazia. Perché l’Unione Europea sarà democratica o cesserà di esistere. E per noi, la Democrazia non è negoziabile.

La sinistra Europea si sta battendo per una Europa democratica, sociale ed economica. Questo obbiettivi strategici definiscono le nostre tre priorità politiche:
1.Porre fine all’austerità e alla crisi. Un’Eurozona senza austerità è possibile. Perché l’Austerità è in sé una crisi – non è una soluzione per la crisi. Costringe l’Europa ad oscillare tra recessione e un incremento anemico del GDP. Ha gonfiato la disoccupazione registrata in Europa. È la causa dell’incremento del debito pubblico dell’Eurozona dal 70,2% nel 2008 al 90,6% nel 2012. A questo scopo, lavoreremo per una soluzione comprensiva e definita del debito dell’Eurozona. Apriremo la strada alla reflazione coordinata delle economie Europee. Perchè la deflazione minaccia la stabilità. Abbiamo riassunto il nostro piano politico contro la crisi in dieci punti, e la presenteremo nella prossima sezione.

2. Mettere in moto la trasformazione ecologica della produzione. La crisi non è solo economica. È anche ecologica, nel senso che riflette un paradigma economico insostenibile in Europa. Di conseguenza, abbiamo bisogno di una simultanea trasformazione economica ed ecologica delle società europee per emergere dalla crisi e creare una solida base per lo sviluppo con giustizia sociale, impiego stabile e decente e una migliore qualità di vita per tutti. Abbiamo bisogno di questa trasformazione adesso! La gestione della crisi nell’Eurozona Sud attraverso le famigerate “Troika” ha aggiunto una crisi ambientale alla crisi fiscale di quelle nazioni, rinforzando la divisione tra il Nord e il Sud. Inoltre, col pretesto della crisi e la ricerca di una soluzione rapida alla situazione economica, l’Unione Europea e gli stati membri hanno rilassato le proprie politiche ecologiche e limitato la sostenibilità, nel migliore dei casi, a misure di efficienza energetica e di materie prime. Un caso tra tutti, anche se l’Europa abbonda di casi simili, e il supporto dato dal governo greco alla multinazionale mineraria Eldorado Gold, che ha iniziato operazioni minerarie su larga scala nella foresta primordiale di Skouries in Halkidiki.

L’Europa ha bisogno di un cambio di paradigma a favore della sostenibilità. A questo scopo, abbiamo bisogno di una politica pubblica ecologica che sia priorità alla sostenibilità e qualità, cooperazione e solidarietà. Per esempio, una politica pubblica ecologica pianificherebbe, incoraggerebbe e finanzierebbe un’istruzione a favore della sostenibilità e indirizzerebbe verso carriere in settori sostenibili. La trasformazione ecologica della produzione include un’ampia gamma di settori politici, quali: Riforma delle tasse, che cambierebbe la logica della tassazione spostando il suo peso sul consumo di risorse piuttosto che sull’impiego, l’eliminazione di sovvenzioni a imprese nocive per l’ambiente, la preservazione della biodiversità, la sostituzione dell’energia convenzionale con risorse rinnovabili, l’investimento nella ricerca ambientale e lo sviluppo di coltivazione organica e trasporto sostenibile, insieme al rifiuto di qualsiasi accordo commerciale trans-atlantico che non garantisca alti standard sociali ed ambientali.

3. Riformare la struttura dell’immigrazione in Europa. La ricerca umana di una vita migliore è inarrestabile. I confini bloccano i diritti umani, non le persone. Finché rimane la differenza tra i guadagni e le prospettive dei pesi d’origine e quelli dell’Unione Europea rimane enorme o continua ad aumentare l’immigrazione in Europa continuerà. L’Unione Europea dovrebbe dimostrare doppia solidarietà: esterna, verso i paesi d’emigrazione, e interna, con un giusto collocamento geografico degli immigrati. In particolare, l’Unione Europea dovrebbe prendere l’iniziativa politica per una nuova relazione con questi paesi, migliorando l’assistenza allo sviluppo e la capacità per lo sviluppo endogeno con pace, democrazia e giustizia sociale. In parallelo, è necessario cambiare l’architettura istituzionale per l’asilo e l’immigrazione. Dobbiamo assicurare la protezione dei diritti umani nel territorio europeo e pianificare misure per salvare i migranti in mare aperto, per organizzare centri di accoglienza e adottare nuove leggi che regolino l’accesso dei migranti ai Paesi europei in modo giusto e proporzionato, prendendo in considerazione, per quanto possibile, i desideri individuali. I fondi dell’Unione dovrebbero essere distribuiti in modo più sensato; le recenti tragedie di Lampedusa e Farmakonisi dimostrano che sia il Patto Europeo per l’Immigrazione e l’Asilo e la Regolazione Dublino II [Regulation (EC) 343/2003 and Regulation (EU) 604/2013] devono essere corretti immediatamente. Soggetti a semplici e trasparenti criteri, i migranti dovrebbero avere la possibilità di chiedere asilo direttamente allo stato membro a loro scelta e non al Paese attraverso cui entrano nell’Unione Europea. Il paese d’ingresso dovrebbe fornirgli documenti di viaggio che permettano di raggiungere la loro destinazione. Rifiutiamo la “Fortezza Europa” che non fa altro che promuovere xenofobia, razzismo e fascismo. Lavroiamo per un’europa che sia inattaccabile dall’estrema destra e dal neo-nazismo.
Ma l’Europa non sarà ne sociale ne ecologica se non è democratica. E so non è democratica, alienerà i suoi cittadini proprio come succede oggi. Perché, in questo momento cruciale, l’Unione Europea è decaduta in un’oligarchica e anti-democratica industria al servizio delle banche, delle multinazionali e dei ricchi. La Democrazia, in Europa, è in ritirata. E non c’è dubbio che dobbiamo prre fine all’austerità per recuperare la Democrazia. Questo perché l’austerity neo-liberista è stata imposta ai Paesi del Memorandum per mezzo di misure legislative che indeboliscono i parlamenti nazionali; ha rimosso diritti sociali ed economici dei cittadini mediante misure proprie degli stati di polizia. Allo stesso tempo, la struttura e le operazioni delle istituzioni europee, alle quali sono state trasferite le competenze e i diritti nazionali sono prive di legittimità democratica e trasparenza. Burocrati anonimi al di sopra della legge non possono sostituire i politici eletti.

Ma, perché la discussione della democrazia in Europa sia significativa, l’unione Europea necessita di un budget significativo e di un Parlamento Europeo che ne decida l’allocazione e che insieme ai Parlamenti nazionali decida l’esecuzione e controlli la sua efficienza. La riorganizzazione democratica dell’Unione Europea è l’obbiettivo politico per eccellenza. A questo scopo, dovremmo estendere la partecipazione del pubblico e l’interesse dei cittadini nello sviluppo delle politiche e dei servizi europei. In parallelo, dovremmo potenziare la istituzioni che hanno una legittima base democratica, come il parlamento europeo e i parlamenti nazionali. Questo implica iniziative politiche concrete, come primo passo nel restituire ai parlamenti nazionali il ruolo centrale nella legislazione e nelle decisioni sul budget nazionale. Questo significa la sospensione degli articoli 6 e 7 della Regolazione (EU) 473/2013 (il secondo dei due pacchetti di atti legislativi nell’Eurozona) riguardo al monitoraggio e la valutazione dei piani economici nazionali, che danno alla Commissione Europea il diritto di controllare e modificare i budget nazionali prima dei rispettivi parlamenti. Secondariamente, come è stato già detto, implica che sia il Parlamento Europeo che i Parlamenti nazionali abbiano maggior controllo sul budget europeo. Implica anche che il parlamento europeo sia un meccanismo democratico di controllo sul Consiglio Europeo e la Commissione Europea. Ma un’Europa democratica non può essere democratica e consensuale entro i propri confini e arrogante, militaristica e guerrafondaia all’estero. Per questa ragione, abbiamo bisogno di un sistema di sicurezza europeo fondato sul negoziato e sul disarmo. Nessun soldato europeo dovrebbe operare al di fuori dell’Europa.

I. UN PIANO IN 10 PUNTI CONTRO LA CRISI, PER LA CRESCITA CON GIUSTIZIA SOCIALE E IMPIEGO PER TUTTI.

L’Eurozona è il livello ideale per implementare politiche progressiste finalizzate alla crescita, alla redistribuzione delle ricchezze e alla creazione di posti di lavoro. Questo è perchè l’unione monetaria ha maggiore libertà di ciascuno dei suoi costituenti presi separatamente ed è meno esposta alla volatilità e instabilità dell’ambiente esterno. Ma il cambiamento richiede sia un piano politico fattibile che un’azione collettiva.
Per concludere la crisi Europea, è necessario un cambi dratico di regime. Questa priorità serve il nostro piano politico di dieci punti:

1.Immediata fine dell’austerità. L’Austerità è una medicina nociva somministrata al momento sbagliato con devastanti conseguenze per la coesione della società, per la democrazia e per il futuro dell’Europa. Una delle cicatrici lasciate dall’austerità che non mostra segni di guarigione è la disoccupazione – in particolare tra i giovani. Oggi, quasi 27 milioni di persone sono disoccupati nell’Unione Europea, di cui più di 19 milioni nell’Eurozona. La disoccupazione ufficiale nell’Eurozona è salita dal 7,8% nel 2008 al 12,1% nel Novembre 2013. In Grecia, dal 7,7% al 24,4% e in Spagna dal 11,3% al 26,7% nello stesso periodo. La disoccupazione giovanile in Grecia e Spagna si aggira intorno al 60%. con 4,5 milioni di under-25 disoccupati, l’Europa firma la sua condanna a morte.

2. Un New Deal europeo. L’economia europea ha sofferto 6 anni di crisi, con disoccupazione media sopra il 12% e il rischio di una depressione pari a quella degli anni 30. l’Europa potrebbe e dovrebbe prendere in prestito denaro a basso interesse per finanziare un programma di ricostruzione economica focalizzato sull’impiego, sulla tecnologia e sull’infrastruttura. Il programma aiuterebbe le economie colpite dalla crisi ad emergere dal circolo vizioso di recessione e incremento del debito, creare posti di lavoro e sostenere il recupero economico. Gli Stati Uniti ce l’hanno fatta. Perché non noi?

3. L’espansione dei prestiti alla piccola e media impresa. Le condizioni dei prestiti in Europa è nettamente deteriorata. Le piccole e medie imprese sono state colpite ancora più duramente. Migliaia di queste, soprattutto nelle economie in crisi del Sud dell’Europa sono state costrette a chiudere, non perché non erano sostenibili, ma perché il credito era esaurito. Le conseguenze per i posti di lavoro sono state terribili. I tempi straordinari richiedono misure straordinarie: la banca centrale europea dovrebbe seguire l’esempio delle Banche Centrali degli altri paesi e fornire prestiti a basso interesse alle banche se queste accettano di di fare credito a piccole e medie imprese.

4. Sconfiggere la disoccupazione. La disoccupazione media europea è la più alta mai registrata. Molti dei disoccupati rimangono senza lavoro per più di un anno e molti giovano non hanno mai avuto l’opportunità di ricevere un salario per un impiego decente. La maggior parte della disoccupazione è il risalutato dello scarso o nullo sviluppo economico, ma anche se la crescita riprende, l’esperienza ci insegna che sarà necessario molto tempo perché la disoccupazione torni al livello di prima della crisi. L’Europa non può permettersi aspettare così a lungo. Lunghi periodi di disoccupazione sono devastanti per le abilità dei lavoratori, specialmente i giovani. Questo nutre l’estremismo di destra, indebolisce la democrazia e distrugge l’ideale europeo. L’Europa non dovrebbe perdere tempo, dovrebbe mobilitarsi e ridirigere i Fondi Strutturali per creare significative possibilità d’impiego per i cittadini. Laddove i limiti fiscali degli stati membri sono stretti, i contributi nazionali dovrebbero essere azzerati.

5. Sospensione del nuovo sistema fiscale europeo: richiede pareggio di bilancio anno per anno, indipendentemente dalle condizioni economiche dello stato membro. Di conseguenza rimuove la possibilità di usare le politiche fiscali come uno strumento di stabilità nei momenti di crisi, quando è più necessario, mettendo in pericolo la stabilità economica. In breve, è un’idea pericolosa. L’Europa necessita di un sistema fiscale che assicuri la responsabilità fiscale sul medio termine e allo stesso tempo permetta agli stati membri di usare lo stimolo fiscale durante una recessione. Una politica modificata ciclicamente che esenti gli investimenti pubblici è necessaria.

6. Una vera e propria banca europea che possa prestare denaro come ultima risorsa per gli stati-membri e non solo per le banche. L’esperienza storica suggerisce che le unioni monetarie di successo necessitano di una banca centrale che adempia a tutte le funzioni di una banca e non serva solo a mantenere la stabilità dei prezzi. Il prestito a uno stato bisognoso dovrebbe essere incondizionato e non dipendente dall’accettazione di un programma di riforme con il Meccanismo di Stabilità Europea. Il fato dell’Euro e la prosperità dell’Europa dipende da questo.

7. Aggiustamento macroeconomico: i paesi in surplus dovrebbero lavorare quanto i paesi in deficit per correggere il bilanciamento macroeconomico all’interno dell’Europa. L’Europa dovrebbe monitorare valutare e richiedere azione dai Paesi in surplus sotto forma di stimolo, per alleviare la pressione unilaterale sui Paesi in deficit. L’attuale asimmetria non danngiia solo i paesi in deficit. Danneggia l’intera Europa.

8. Una Conferenza del Debito Europeo. La nostra proposta è ispirata ad uno dei più lungimiranti momenti nella storia politica Europea. Questo è l’Accordo di Londra sul Debito del 1953, che alleviò il peso economico della Germania, aiutando a ricostruire la nazione dopo la guerra aprendo la strada per il suo successo economico. L’Accordo richiedeva il pagamento di, al massimo, la metà dei debiti, sia privati che intergovernativi. Legava i tempi del pagamento all’abilità del Paese di ripagare, diluendoli su un periodo di 30 anni. Collegava il debito allo sviluppo economico, seguendo una implicita clausola di crescita: nel periodo tra il 1953 e 1959 gli unici pagamenti dovuti erano gli interessi del debito. Questo ritardo nei pagamenti aveva lo scopo di concedere alla Germania il tempo di recuperare. A partire dal 1958, l’Accordo prevedeva pagamenti annuali che diventarono sempre meno significativi con la crescita dell’economia. L’accordo prevedeva che la riduzione dei consumi della Germania, quello che oggi chiamiamo “devalutazione interna”, non era un metodo accettabile di assicurare il pagamento dei debiti. I pagamenti erano condizuionati dalla possibilità di pagare. L’Accordo di Londra è in diretto contrasto con l’erronea logica dei pagamenti richiesti dal trattato di Versailles, che ostacolava la ricostruzione dell’economia tedesca e creava dubbi sulle intenzioni degli Alleati. L’Accordo di Londra rimane un piano d’azione utilizzabile anche oggi. Non vogliamo una Conferenza del Debito Europeo per il Sud dell’Europa. Vogliamo una Conferenza del Debito Europeo per l’Europa. In questo contesto, si dovrebbero usare tutti gli strumenti politici disponibili, inclusi i prestiti dalla Banca Europea come ultima risorsa oltre alla istituzione di un debito sociale europeo, come gli Eurobond, per sostituire i debiti nazionali.

9. Un Atto Glass-Steagall Europeo. L’obbiettivo è separare le attività commerciali e gli investimenti bancari per prevenire la loro unificazione in un’entità incontrollabile.

10. Una legislazione Europea effettiva per tassare l’economia e le attività imprenditoriali offshore .

II. Questo è il momento di cambiare!

Per rendere possibile questo cambiamento, dobbiamo influenzare in modo decisivo la vita dei cittadini europei. Non vogliamo semplicemente cambiare la attuali politiche ma anche estendere l’interesse e la partecipazione del pubblico nella politica e nella scrittura delle leggi europee. Di conseguenza, dobbiamo creare la più ampia possibile alleanza politica e sociale.

Dobbiamo alterare l’equilibrio del potere politico per poter cambiare l’Europa. Il neo-liberismo non è un fenomeno naturale ne qualcosa di invincibile. È solo il prodotto di scelte politiche in un particolare equilibrio storico di forze. Deve la sua longevità come paradigma economico a politiche socio-democratiche risalenti agli anni ’90. Queste hanno favorito i principi neo-liberisti in corrispondenza a una progressiva deriva verso destra.

Per molti Europei, i socio-democratici sembrano l’eco di un’era passata. Non per noi! Ma il disagio sociale dell’attuale crisi e lo scetticismo dell’elettorato verso lo status quo politico hanno condotto le loro strategia ad uno stallo. I socio-democratici non possono permettersi di perdere tempo. Qui ed ora, devono fare uno storico passo in avanti per ridefinirsi nella percezione e nella coscienza pubblica come una forza della sinistra democratica. Ridefinendosi in opposizione al neo-liberismo e alle fallimentari politiche del Partito Popolare Europeo e dell’Alleanza Liberale. O, come è stato accuratamente detto, diventando una forza politica “disposta ad essere tanto radicale quanto la stessa realtà”.

L’Europa è arrivata ad un bivio critico. Nelle elezioni europee del 25 Maggio, due chiare alternative per il presente ed il futuro sono sul tavolo: o rimaniamo immobili con i conservatori e i liberisti, o ci muoviamo avanti con la Sinistra Europea. O acconsentiamo allo status quo neo-liberista – fingendo che la crisi si possa risolvere con le stesse politiche che l’hanno causata- o guardiamo al futuro rappresentato dalla Sinistra Europea.

Ci rivolgiamo soprattutto all’ordinario cittadino europeo che tradizionalmente ha votato per i socio-democratici: per prima cosa, perché eserciti il suo diritto di voto il 25 Maggio, anziché astenersi e lasciare che gli altri votino al suo posto, e che voti per la speranza ed il cambiamento – votando la Sinistra Europea. Possiamo ricostruire la nostra Europa di lavoro, cultura ed ecologia. Ancora una volta nella storia della nostra casa comune- che è l’Europa – dobbiamo ricostrirla come un insieme di società democratiche e giuste. Per ricostruire l’Europa è necessario cambiarla. E dobbiamo cambiarla adesso, perché sopravviva.

Mentre le politiche neo-liberiste trascinano indietro la ruota della Storia, è il momento che la sinistra spinga avanti l’Europa.