lunedì 27 settembre 2021

CONFINDUSTRIA APPLAUDE DRAGHI, IL PRESIDENTE DEI RICCHI

Non ci stupisce l’ovazione della platea di Confindustria per Mario Draghi. È il presidente dei ricchi e giustamente i ricchi applaudono.

Draghi ha rassicurato l’1% più ricco del paese che non pagherà più tasse e non corre rischi di patrimoniali.
Ha attaccato le rendite ma non parlava del capitale finanziario, degli immobiliaristi, dei grandi patrimoni.
A Confindustria Draghi ha garantito che li innaffiera’ di soldi senza chiedere contropartite sociali né vincoli occupazionali.
Non ha parlato di delocalizzazioni né di rilancio dell’intervento pubblico.

Anche per frenare gli aumenti delle bollette si useranno i soldi della fiscalità generale, cioè dei cittadini, e non leggi come in Spagna che impongano di ridurre profitti delle grandi società.

Nelle riforme annunciate da Draghi non c’è spazio per i diritti di chi lavora, per l’introduzione di un salario minimo legale dignitoso, per la modifica delle leggi che hanno precarizzato, nè per il rilancio della sanità pubblica e la reinternalizzazione dei servizi dove prolifera lo sfruttamento, per la fine dei subappalti. Non lo turba che i nuovi assunti siano precarissimi: per il 73% a tempo determinato, di cui il 19,8% durano meno di una settimana e solo il 37% superano i due mesi, i somministrati sono aumentati del 39% e sono ormai 435.000.
La ripresa di Draghi è in realtà il ritorno al business as usual, alla normalità della precarietà, dello sfruttamento e dei bassi salari, il cui monte complessivo ha subito le perdite più pesanti (-39 miliardi, flessione del 7,5%) tra i grandi paesi europei essendo già il più basso.

Draghi invoca la pace sociale, cioè che la ripresa sia a carico dei lavoratori. Non a caso Mario Draghi ha proposto il solito Patto per il lavoro e la crescita ai sindacati. Il commento di Enrico Letta indica che il PD continua a reiterare la nefasta impostazione programmatica che tanti danni ha prodotto. Infatti Letta ha di nuovo riproposto la riedizione del Patto che negli anni ’90 segnò la perdita per i lavoratori della scala mobile e l’inizio di uno stillicidio di privatizzazioni e di riforme neoliberiste.
Come hanno capito gli operai della Gkn c’è bisogno invece di conflitto e lotte per dare voce al 99% e alla classe lavoratrice.
Chi sta in basso non ha motivi per applaudire questo governo e il banchiere.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea